Wilco live al PalaMazda
Wilco_live
S'intitolava "No depression" l'album d'esordio di Jeff Tweedy con gli Uncle Tupelo, ma il riferimento era chiaro alla "grande depressione" che colpì gli States nel 1929, più che allo stato fragile dell'anima.
Aveva vent'anni Tweedy che con il compare Jay Farrar (poi Son Volt) si avviava al proprio personale percorso artistico culminato nell'attuale progetto Wilco, non poteva pensare il cantautore alle implicazioni che la parola "depression" potesse avere per un uomo sul piano strettamente personale, non poteva sapere che "la cosa" sarebbe ritornata "partorendo fantasmi".
Proprio sui brani di "A Ghost is Born" (Nonesuch Record), il più doloroso ed intimista episodio nella produzione dei Wilco (una confessione di fragilità), è stato imperneato il concerto dell'altra sera al PalaMazda nell'ambito del cartellone di eventi per la "Festa dell'Unità", un live act di rara potenza che ha comunque ripercorso tutti e 5 i capitoli discografici del gruppo, mettendo in luce una band di valore assoluto, capace di suonare con il vigore e l'entusiasmo proprio degli emergenti oltre che con la passione che è propria di chi non fa della musica un fatto lavorativo (impiegatizio), ma una questione di vita o di morte.
I Wilco sono la vita in musica, l'arte di rappresentarla a tutto tondo attraverso ballate struggenti, cariche di elettricità e di incursioni nell'elettronica, tanto che se c'è una band che ha dato negli ultimi anni un sostanzioso contributo all'evoluzione della forma canzone, questi sono i Wilco.
Merito della sensibilità artistica di Tweedy, capace di spaziare con disinvoltura tra i territori del folk, del pop, dell'elettronica glitch, dei generi della tradizione black, dell'anima, senza mai perdere di vista l'integrità di senso della sua opera.
"Theologians don't know nothing/ about my soul/ I'm an ocean", canta Tweedy in "Theologians", brano contenuto in "A Ghost is Born" proposto nel corso della serata al Mazda, per un verso che suona liberatorio come una dichiarazione d'indipendenza.
Mi viene da commentare: la spiritualità non è una teoria, è la luce che mi guiderà fino al termine della notte e finalmente - citando Bob Dylan - "I shall be released". Sarà così anche per Jeff Tweedy ? Il mio intuito mi dice di sì, eppoi, guarda caso, la celebre canzone di Dylan è proprio quella con cui la rock band americana ha salutato l'altra sera - dopo due ore di concerto - il folto pubblico milanese.
Il vostro sempre più affezionato opinionmaker
Aveva vent'anni Tweedy che con il compare Jay Farrar (poi Son Volt) si avviava al proprio personale percorso artistico culminato nell'attuale progetto Wilco, non poteva pensare il cantautore alle implicazioni che la parola "depression" potesse avere per un uomo sul piano strettamente personale, non poteva sapere che "la cosa" sarebbe ritornata "partorendo fantasmi".
Proprio sui brani di "A Ghost is Born" (Nonesuch Record), il più doloroso ed intimista episodio nella produzione dei Wilco (una confessione di fragilità), è stato imperneato il concerto dell'altra sera al PalaMazda nell'ambito del cartellone di eventi per la "Festa dell'Unità", un live act di rara potenza che ha comunque ripercorso tutti e 5 i capitoli discografici del gruppo, mettendo in luce una band di valore assoluto, capace di suonare con il vigore e l'entusiasmo proprio degli emergenti oltre che con la passione che è propria di chi non fa della musica un fatto lavorativo (impiegatizio), ma una questione di vita o di morte.
I Wilco sono la vita in musica, l'arte di rappresentarla a tutto tondo attraverso ballate struggenti, cariche di elettricità e di incursioni nell'elettronica, tanto che se c'è una band che ha dato negli ultimi anni un sostanzioso contributo all'evoluzione della forma canzone, questi sono i Wilco.
Merito della sensibilità artistica di Tweedy, capace di spaziare con disinvoltura tra i territori del folk, del pop, dell'elettronica glitch, dei generi della tradizione black, dell'anima, senza mai perdere di vista l'integrità di senso della sua opera.
"Theologians don't know nothing/ about my soul/ I'm an ocean", canta Tweedy in "Theologians", brano contenuto in "A Ghost is Born" proposto nel corso della serata al Mazda, per un verso che suona liberatorio come una dichiarazione d'indipendenza.
Mi viene da commentare: la spiritualità non è una teoria, è la luce che mi guiderà fino al termine della notte e finalmente - citando Bob Dylan - "I shall be released". Sarà così anche per Jeff Tweedy ? Il mio intuito mi dice di sì, eppoi, guarda caso, la celebre canzone di Dylan è proprio quella con cui la rock band americana ha salutato l'altra sera - dopo due ore di concerto - il folto pubblico milanese.
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