Il twist postmoderno di Patty Smith
Patty
La musica si nutre d'idee, passione ed emozione, per vivere ha essenzialmente bisogno di questo. Ha bisogno di gente come
Patty Smith quindi, il cui "twist postmoderno" è andato di scena ieri nella bella cornice del teatro Dal Verme a Milano.
Con la line up al gran completo - Patti Smith (voce e chitarra), Lenny Kaye (chitarre), J.Dee Daughtery (batteria), T.Shanahan (basso) e Tom Verlaine (ex-leader dei Television, sempre chitarra), quest'ultimo per la verità parecchio avulso del contesto (deludente il suo contributo) - ha dato vita a uno show intenso, a tratti strampalato, imperfetto, ruvido, allucinato. Tutto quello che ci si può aspettare dall'artista originaria di Chicago la cui originalità travalica spesso gli schematismi di genere per approdare ad una libertà espressiva autentica e senza punti di riferimento fissi.
Il pubblico della Milanesiana ha i mezzi per comprenderlo e le ha tributato una calorosa accoglienza, esplodendo per la passionale e disperata "Because the Night" ("a little song dedicated to Italia") e vivendo comunque intensamente la performance della sua beniamina, in un'esibizione punteggiata qua e la da letture di poesie, sermoni pacifisti, momenti riflessivi e d'intimità familiare, quando dedica al marito defunto Fred "Sonic" Smith (MC 5) una splendida"Frederick" e subito dopo, tra un pubblico letteralmente impazzito, va a cercare sua figlia Jessie per triburarle, un caloroso "happy birthday".
Dopo un'ora e mezza circa di show, non certo teso come ai tempi del mitico CBGB, ma certamente intenso, Patty Smith saluta il pubblico con "People have the power", inno liberatorio, che il pubblico intona con lei.
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